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Ci prendiamo cura del male di vivere grazie alla valenza terapeutica della grande arte. Il male di vivere è sempre alleviato dalla bellezza, quella che irradia dalle grandi opere d’arte come quella che fa capolino nel piccolo fare quotidiano di ognuno.

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Cura  e  Cultura si  prende  cura  del  male  di  vivere  in  ogni  sua  forma,  dal  disagio psichico  in  senso  lato  fino  alla disabilità tout court:

perché il male di vivere svela in trasparenza l’essenza del nostro vivere, e la sua fragilità;

perché dall’accogliere fra noi chi più ne patisce giunge una sommessa voce di verità;

perché  infine  accogliere  fra  noi  chi  più  ne  patisce,  senza  paura  e  con  amore, ha una profonda valenza politica, proprio così, politica, se la politica è l'arte del vivere insieme fra noi persone nella comunità sociale.

Il male di vivere è sempre alleviato dalla bellezza, quella che irradia dalle grandi opere d’arte come quella che qua e là, timida, fa capolino nel piccolo fare quotidiano di ognuno. Quella che chiamiamo grande arte ha una forte valenza terapeutica. Essa rappresenta l’umano, al di là del tempo e dello spazio. Ognuno di noi vi si rispecchia, vi si riconosce e, così sapendo di sé, si orienta. Essa aiuta ognuno di noi a scoprire sé stesso e ad accettare la propria unicità, declinazione preziosa e irripetibile del grande tema dell’Essere Umano. Cura e Cultura si avvale di questa valenza terapeutica per un’autentica riabilitazione: autentica perché riaccompagna davvero nella comunità sociale chi patisce il male di vivere, rendendolo a pieno titolo “uno di noi” e cancellando lo stigma che lo separa dalla cosiddetta normalità. In questa prospettiva Cura e Cultura sviluppa la sua azione lungo due direttrici complementari, privilegiando della grande arte in questi anni il repertorio della grande musica occidentale:

1. Fruizione  della  grande  arte. Gli eventi  organizzati da Cura e Cultura coniugano profilo culturale alto con intrinseca inclusività del male di vivere in ogni sua  forma: così sono stati realizzati i seminari preparatori alla fruizione di opere al Teatro alla Scala di Milano (ma anche al Teatro Regio di Torino e al Teatro La Fenice di Venezia). Un  abisso spesso separa la grande arte (molte volte relegata nel lusso) da coloro che non riescono a vivere, che Cura e Cultura considera in fondo i suoi primi destinatari. Beethoven, ormai completamente sordo, scrisse sulla prima pagina della partitura della sua opera più  grande, la  Missa solemnis op. 123:  dal cuore, possa di nuovo andare al cuore. Cura e cultura si fa ponte, ponte che collega e avvicina chi più soffre il male di vivere a quanto di più bello ha concepito e realizzato l’essere umano.

2. Esercizio della piccola arte. Cura e Cultura organizza un laboratorio musicale dedicato alla vocalità, perché la voce è tramite essenziale per l’affermarsi della presenza, spesso così drammaticamente limitata dal male di vivere. Cura e Cultura riprende un’antica idea: l’artista non è un tipo particolare di uomo, piuttosto ogni uomo è un tipo particolare di artista. In questa prospettiva nel laboratorio della piccola arte ognuno, nei propri tempi e con i propri mezzi, prende confidenza poco alla volta con l’emissione vocale, con il linguaggio musicale, con la notazione, con il solfeggio. Cura e Cultura opera perché la bellezza irradiata dalla grande arte illumini e orienti chi la insegue percorrendo i sentieri della sua piccola arte. Proprio in questopaziente percorso concrescono nella persona le capacità espressive, atte a svelarne presenza e divenire: precisamente questa è la cerniera fra la Cura e la Cultura. Perché i mezzi espressivi sono il tramite con cui la persona annuncia la sua presenza al mondo, con il quale interagisce lasciando traccia di sé, fatto questo già di ordine culturale. Il crescere dei mezzi espressivi è una cosa sola con il venire al mondo della persona nella sua pienezza: sapersi esprimere riattiva il divenire incagliato nel male di vivere, quali che siano le possibilità originarie della persona, permettendole di contribuire più attivamente alla comunità  sociale. Vita di relazione e divenire finalmente liberato le permettono di autotrascendersi scoprendosi a sé stessa istante per istante attraverso l’esperienza. Perché l’autotrascendersi è una cosa sola con il suo incessante venire al mondo, con il suo continuo creativo individuarsi alimentato dall’esperienza e dall’integrazione del nuovo che il mondo le offre. Nella fruizione della grande arte e nell’esercizio della piccola arte, Cura e Cultura  organizza spazi aperti a chi sta bene e a chi sta male, spazi nei quali l’inclusione di chi sta male e l’arricchimento personale di chi sta bene diventano una cosa sola.

www.curaecultura.com

Cura  e  Cultura si  prende  cura  del  male  di  vivere  in  ogni  sua  forma,  dal  disagio psichico  in  senso  lato  fino  alla disabilità tout court:

perché il male di vivere svela in trasparenza l’essenza del nostro vivere, e la sua fragilità;

perché dall’accogliere fra noi chi più ne patisce giunge una sommessa voce di verità;

perché  infine  accogliere  fra  noi  chi  più  ne  patisce,  senza  paura  e  con  amore, ha una profonda valenza politica, proprio così, politica, se la politica è l'arte del vivere insieme fra noi persone nella comunità sociale.

Il male di vivere è sempre alleviato dalla bellezza, quella che irradia dalle grandi opere d’arte come quella che qua e là, timida, fa capolino nel piccolo fare quotidiano di ognuno. Quella che chiamiamo grande arte ha una forte valenza terapeutica. Essa rappresenta l’umano, al di là del tempo e dello spazio. Ognuno di noi vi si rispecchia, vi si riconosce e, così sapendo di sé, si orienta. Essa aiuta ognuno di noi a scoprire sé stesso e ad accettare la propria unicità, declinazione preziosa e irripetibile del grande tema dell’Essere Umano. Cura e Cultura si avvale di questa valenza terapeutica per un’autentica riabilitazione: autentica perché riaccompagna davvero nella comunità sociale chi patisce il male di vivere, rendendolo a pieno titolo “uno di noi” e cancellando lo stigma che lo separa dalla cosiddetta normalità. In questa prospettiva Cura e Cultura sviluppa la sua azione lungo due direttrici complementari, privilegiando della grande arte in questi anni il repertorio della grande musica occidentale:

1. Fruizione  della  grande  arte. Gli eventi  organizzati da Cura e Cultura coniugano profilo culturale alto con intrinseca inclusività del male di vivere in ogni sua  forma: così sono stati realizzati i seminari preparatori alla fruizione di opere al Teatro alla Scala di Milano (ma anche al Teatro Regio di Torino e al Teatro La Fenice di Venezia). Un  abisso spesso separa la grande arte (molte volte relegata nel lusso) da coloro che non riescono a vivere, che Cura e Cultura considera in fondo i suoi primi destinatari. Beethoven, ormai completamente sordo, scrisse sulla prima pagina della partitura della sua opera più  grande, la  Missa solemnis op. 123:  dal cuore, possa di nuovo andare al cuore. Cura e cultura si fa ponte, ponte che collega e avvicina chi più soffre il male di vivere a quanto di più bello ha concepito e realizzato l’essere umano.

2. Esercizio della piccola arte. Cura e Cultura organizza un laboratorio musicale dedicato alla vocalità, perché la voce è tramite essenziale per l’affermarsi della presenza, spesso così drammaticamente limitata dal male di vivere. Cura e Cultura riprende un’antica idea: l’artista non è un tipo particolare di uomo, piuttosto ogni uomo è un tipo particolare di artista. In questa prospettiva nel laboratorio della piccola arte ognuno, nei propri tempi e con i propri mezzi, prende confidenza poco alla volta con l’emissione vocale, con il linguaggio musicale, con la notazione, con il solfeggio. Cura e Cultura opera perché la bellezza irradiata dalla grande arte illumini e orienti chi la insegue percorrendo i sentieri della sua piccola arte. Proprio in questopaziente percorso concrescono nella persona le capacità espressive, atte a svelarne presenza e divenire: precisamente questa è la cerniera fra la Cura e la Cultura. Perché i mezzi espressivi sono il tramite con cui la persona annuncia la sua presenza al mondo, con il quale interagisce lasciando traccia di sé, fatto questo già di ordine culturale. Il crescere dei mezzi espressivi è una cosa sola con il venire al mondo della persona nella sua pienezza: sapersi esprimere riattiva il divenire incagliato nel male di vivere, quali che siano le possibilità originarie della persona, permettendole di contribuire più attivamente alla comunità  sociale. Vita di relazione e divenire finalmente liberato le permettono di autotrascendersi scoprendosi a sé stessa istante per istante attraverso l’esperienza. Perché l’autotrascendersi è una cosa sola con il suo incessante venire al mondo, con il suo continuo creativo individuarsi alimentato dall’esperienza e dall’integrazione del nuovo che il mondo le offre. Nella fruizione della grande arte e nell’esercizio della piccola arte, Cura e Cultura  organizza spazi aperti a chi sta bene e a chi sta male, spazi nei quali l’inclusione di chi sta male e l’arricchimento personale di chi sta bene diventano una cosa sola.

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